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venerdì 27 gennaio 2012

Cambio studio

Da giovedi 2 febbraio, ricevo presso

Studio Kairòs - Via Salvatore Di Giacomo, 25/C3 (zona Montagnola)

martedì 10 gennaio 2012

prossimo appuntamento

23 gennaio 2012

Presentazione del libro di Alessandra Caneva "Januae - Cronaca di un romanzo", ed. Albatros, a cura dell'Autrice con commento della dr.ssa Francesca Orlando.

Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
Via degli Aldobrandeschi, 190 - 00163
tel. 06 / 66 54 31
info@upra.org

locandina del programma


PASSIONE DELLA SCRITTURA. VOCE DELL’ANIMA
Roma, 23 Gennaio 2012
Ore 15:00
Aula Tesi Ateneo Pontificio Regina ApostolorumVia degli Aldobrandeschi, 190

15:00 Saluto di benvenuto, Marta Rodriguez direttrice ISSD
15:15 Introduzione, Adele Ercolano coordinatrice ISSD
15:30 Ho tradotto in parole i miei sogni di carta, Carolina Carriero scrittrice e filosofa, docente Laboratorio di Scrittura ISSD
16:00 Cronaca di un romanzo,Alessandra Caneva, scrittrice e sceneggiatrice, docente laboratorio di scrittura ISSD (II edizione)16:30 Interventi: AnaCristina Villa Betancourt, responsabile Sezione Donna Pontificio Consiglio dei Laici e Francesca Orlando, psicologa e scrittrice
17:15 Archetipi e ombre nella scrittura femminile, Patrizia Mattioli, psicologa e scrittrice
17:30 Testimonianze
17:45 Saluto del Rettore e consegna dei diplomi agli studenti del Laboratorio ISSD
18:00 Rinfresco
   CRITICA PSICOLOGICA
Il personaggio del libro appare subito una personalità depressa con un’elevata considerazione di sé in risposta all’autosufficienza come percezione negativa, una forte provocarietà e aggressività associate a un atteggiamento implorante, volto a ristabilire un seppur minimo contatto. (1^porta)
L’alternanza di questi atteggiamenti, svela una forte ambivalenza anche umorale del personaggio (1^ porta: il dramma del foglio bianco alimenta un’ambivalenza di emozioni e comportamenti:dall’abbattimento alla frenesia, in un’alternanza che potremmo definire bipolare) e un evidente conflitto interiore e l’idea di un Falso Sé.  Di fronte al quale, tuttavia, riesce a gestire una discreta vita sociale, attraverso un prestigio sociale (è uno scrittore di successo). Vengono per lo più favorite esperienze cognitive più che relazionali ed emotive, dalle quali cerca di difendersi a spada tratta.
Rispetto alle relazioni intime, una personalità del genere tende a sottrarre parti di sé alla relazione intima, attraverso una modalità in autentica di incontrare l’Altro, per una costante certezza di abbandono futuro. È dunque alla ricerca di storie con basso coinvolgimento emotivo in cui la comunicazione di desideri più intimi passa per scoppi di rabbia e puro soddisfacimento di impulsi e istinti. In questo trovano ragione le relazioni con le prostitute. Verso cui svilupperà una dipendenza sessuale.
A tal proposito, la natura dell’attaccamento di una personalità dipendente oscilla tra il senso del legame e quello della separazione. Si tratta pertanto di un attaccamento difeso o evitante perché la figura principale di accudimento (il padre) è percepita come fredda, abbandonica con i correlati emotivi di separazione, distacco e perdita. Alla richiesta di aiuto non incontrerà la disponibilità della figura di attaccamento, ma addirittura il rifiuto al quale, il personaggio, attribuirà una certa responsabilità e colpa (8^ porta: aggressività del padre; 4^-12^: incubo di kafkiana memoria =>giudici che lo processano, istanza superegoica). Dall’altra parte, questi genitori richiedono efficienza e affidabilità elevate da un punto di vista  cognitivo e comportamentale durante lo sviluppo del figlio, a svantaggio quindi di uno più emotivo. Tutto ciò porta il personaggio alla necessità di riconoscimento della propria bravura agli occhi della figura di riferimento, come prova di adeguatezza personale (10^ porta: Francesco non era stimato dal padre che lo derideva per il suo modo di scrivere troppo passionale. Disprezzava e criticava la sua passionalità – temendo la propria – che non avrebbe facilitato la sua carriera).
Il fallimento empatico nella relazione genitore-bambino porta alla creazione di un oggetto transazionale difettoso e all’impossibilità di costruire relazioni oggettuali totali.
Il gioco d’azzardo, il sesso e l’alcol costituiscono oggetti parziali che permettono di creare un collante con la propria identità frammentata, illudendola di essere integra. In tal modo si inseriscono le dipendenze.
È sempre nella 10^  porta che viene spiegata dal protagonista la sua dipendenza dal gioco d’azzardo: il padre minacciava di non mantenerlo. Il denaro sarebbe stato per Francesco motivo di riscatto; se la sorte era dalla sua parte, vincendo, anche il padre si sarebbe convinto che il figlio sarebbe valso a qualcosa. Così Francesco cominciò a vincere e questo gli aumentava l’autostima, ma quando cominciò il declino iniziò a sentirsi fragile e rabbioso), quella dall’alcol (Solo l’alcol gli colmava il vuoto affettivo del padre e il confronto con gli altri) e quella sessuale (anche con le donne egli non era mai riuscito a stabilire relazioni significative, in loro vedeva la trasfigurazione sessuale del padre ed era inibito. Doveva dominare questa percezione e pagare le prostitute gli serviva per avere controllo e potere).
In particolare, la dipendenza dal gioco d’azzardo è un comportamento estremamente diffuso e socialmente accettato e offre la possibilità di sperare, all’inizio con poco, di poter cambiare la propria vita, realizzare un piccolo sogno, sfidare o interrogare la sorte, vivere un'emozione diversa.
Tecnicamente, la dipendenza dal gioco implica un'alterazione psichica originata dal disturbo del controllo degli impulsi. Gli impulsi incontrollati sono accompagnati da una forte tensione emotiva e non si lasciano influenzare dal pensiero riflessivo. Quando il dipendente si abbandona al gioco attraversa un momento di sommo piacere, a volte estatico, uno stato di coscienza completamente alterato.
L’assenza di senso di colpa viene alimentato da false razionalizzazioni, in quanto sono ragionamenti apparentemente veri ma ingannevoli (compromessi ai quali il giocatore arriva per giustificare lo scopo del suo comportamento). Come per le dipendenze da sostanze, quando il dipendente cerca di resistere all’impulso o vi si allontana per un po’, tende a provare veri e propri attacchi di astinenza percepibili sotto forma di ansietà o irascibilità, associato a turbe vegetative e disturbi del comportamento (una sintomatologia depressiva) che possono culminare nell'atto suicida.
Di solito questa dipendenza è associata da una parte ad un rifiuto ansioso nei confronti dei doveri (paura di sottostare alla disciplina dell'ordine, dello studio e del lavoro), dall'altra a meccanismi nevrotici di fuga dalla realtà.
Nel momento in cui Francesco comincia a dialogare con se stesso, attraverso il romanzo, e a venire in contatto con le parti più nascoste di sé e quelle più dolorose, inizia entrare nella relazione con la sofferenza. Dapprima è necessario l’incontro con Rebecca e la mendicante (simbolicamente rappresenta la madre buona e il femminile positivo –come la buona vecchina delle fate –che colma l’assenza della buona madre. E come accade nelle fiabe, ha un ruolo transitorio, serve per crescere incoraggiando il protagonista a intraprendere il suo cammino senza paura) , poi i poveri, la famiglia della portiera (La famiglia della portiera gli rimanda l’immagine di se stesso. Carmela si prostituisce per salvare il padre che si è indebitato con usurai) e infine con suo padre (12^ porta: la figura del padre viene ridimensionata e compresa nel fatto che, dopo la morte della moglie, fosse una persona fragile e incapace di gestire se stesso e un bambino piccolo).
L’incontro con Rebecca lo aiuta a entrare nella relazione e ad accorgersi che l’Altro è diverso da noi, ma nello stesso tempo ha molte analogie. Egli si convince  e si affida a lei, provando ad avere più stima di sé, un cammino difficile ma sicuro che lo porterà a togliersi la maschera del tempo per ritrovare il suo “istintivo sentimentalismo” (6^ porta).
* * *
Rebecca funge da figura psicoterapica al pz Francesco, ed egli dialoga con il suo Vero Sé-Claude (inconscio rivelatore).
Rebecca facilita il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla gabbia alla libertà di essere se stessi, rimuovendo gli ostacoli. Risalendo dall’inconscio al conscio portando Francesco alla consapevolezza dei suoi vissuti. Come nel mito della caverna di Platone.
All’interno di una caverna, degli schiavi sono incatenati ad una roccia, costretti a guardare il fondo della caverna. All’esterno si erge un muretto dietro il quale camminano, nascosti, degli uomini carichi di statue, rappresentanti tutte le cose esistenti.
Dietro a questi uomini arde un fuoco che proietta sul fondo della caverna le ombre delle statue; gli schiavi costretti a guardare davanti a sé e impossibilitati a voltarsi, scambiano le ombre che appaiono all’interno della caverna per la vera realtà. Nel mondo della caverna, infatti, la conoscenza è prodotta e distribuita in maniera monologa e autoritaria, da persone invisibili ai prigionieri, che proiettano sulla parete immagini che danno un’impressione di realtà e che creano una cultura comune.
Se uno schiavo riuscisse a scappare, dice Platone, inizialmente sarebbe accecato dalla luce del sole, ma poi finalmente riuscirebbe a vedere chiaramente la verità, di cui le ombre sono solo una pallida copia. Se poi volesse tornare nella caverna per rivelare agli altri schiavi la verità, non sarebbe creduto ed anzi verrebbe ucciso.
È quanto accade nella maieutica socratica e in quella che opera lo psicoterapeuta nei confronti del paziente. Aiutare a partorire (dall’etimologia del termine) la verità, non insegnabile perché è un sapere dell’anima, il vissuto proprio di ciascuno.

Come accade quando si varca la                   JANUA COELI
Porta degli dei, un punto di passaggio e comunicazione tra Cielo e Terra, momento in cui il collegamento tra visibile e invisibile è più forte. Per esso, non solo gli dei si manifestano agli uomini, ma gli uomini potevano accedere alla dimensione ultra-terrena.
Il dio posto al passaggio della porta è Giano (Januarius-Gennaio, Janua), dio bifronte i cui due volti guardano rispettivamente al passato e al futuro, e le cui chiavi chiudono l’anno vecchio aprendo il nuovo, uno vecchio e barbuto l’altro giovane e imberbe. Porte attraverso le quali le anime scendevano nella caverna del mondo oppure uscivano, se se lo meritavano, salendo nell’invisibile.
L’uscita di Francesco è avvenuta nell’incontro con l’Altro, godendo degli aspetti più semplici e genuini senza ricercare l’affetto paterno ormai perduto.
Francesco si incammina in un nuovo mondo, attraverso le rappresentazioni e le manifestazioni di Dio, soprattutto quando cammina nel bosco. I luoghi naturali rappresentano i luoghi di passaggio, come i sentieri di montagna e quindi lo scenario di un bosco che, nella simbologia delle fiabe, consente al protagonista di addentrarsi nel mondo dell’inconscio, ancestrale, originario e naturale che ha valenze femminili. Una vera e propria rinascita. Alberi, terra,  acqua: processi vitali e di mediazione tra cielo e terra, che solo attraverso la donna (la mendicante e Rebecca) sono possibili. Come se Francesco avesse dovuto rientrare nel grembo materno per ri – uscire in quello terreno in cui incontrare Dio.
Nella chiesa della roccia, Francesco incontra Dio ma soprattutto l’Uomo sofferente che gli fa nascere il desiderio del conforto così tanto atteso. L’assoluzione del frate Claude lo rasserena, colmandogli il vuoto che aveva e dissolvendo i suoi incubi.
RESURRECTIO
Francesco e Rebecca imparano che laddove l’uomo fatica a perdonarsi, interviene la parola di Dio.
Essere uomo significa tendere a Dio. Non bisogna negare Dio per affermare se stessi.

mercoledì 28 dicembre 2011

Articoli: L'immaginario prigioniero

TECNOLOGIE DIGITALI E SVILUPPO PSICOLOGICO: QUANDO IL BAMBINO INCONTRA LA RETE  (prof. Tonino Cantelmi – dr.ssa Francesca Orlando)

INTRODUZIONE
Dopo la nascita il bambino si trova ad affrontare una serie di processi di adattamento all’ambiente extrauterino, primo fra tutti quello cognitivo.
L’intelligenza è, infatti, una forma di adattamento evolutivo che si stabilisce tra la mente e l’ambiente e si caratterizza nell’equilibrio di due importanti meccanismi cognitivi: l’assimilazione, che consiste nell’incorporare la realtà esterna nella struttura cognitiva e l’accomodamento, che consiste nell’adattare la struttura cognitiva al dato della realtà esterna.
Il rapporto tra questi due meccanismi costituisce l’adattamento intelligente all’ambiente, per mezzo dell’equilibrazione tra strutture cognitive e dati di realtà.
Attraverso tale rapporto, il bambino perviene a un adattamento, e quindi a una conoscenza, sempre migliore della realtà fisica e sociale, e anche alla possibilità di fare previsioni, esplorazioni e costruzioni di nuove scenari mentali.

LE FASI DELLA CRESCITA
Secondo il teorico cognitivista Piaget, lo studio della conoscenza nel bambino avviene per successione di stadi, come periodi di tempo in cui il pensiero e il comportamento del bambino –
all’interno di una varietà di situazioni – riflettono un tipo particolare di struttura mentale. Attraverso questi stadi si coglie la relazione tra il soggetto agente e pensante e l’oggetto della sua esperienza: il bambino, quindi, prende parte attiva al processo di conoscenza, costruisce la sua conoscenza.
Il passaggio da uno stadio all’altro comporta cambiamenti strutturali soprattutto di tipo qualitativo: ciascuno stadio deriva da quello precedente, lo incorpora, lo trasforma preparando la strada per quello successivo, quindi lo rielabora. Alcune abilità precedenti vengono eliminate, altre conservate: ogni stadio raccoglie i frutti del passato e distribuisce i semi del futuro.
Fino ai 2 anni, il bambino vive quello che Piaget chiama stadio senso-motorio, in cui viene a strutturarsi l’azione intellettuale motoria: il bambino interagisce con l’ambiente attraverso la percezione e l’azione. Dapprima sviluppa le azioni riflesse, le coordinazioni neuromuscolari innate, come  il riflesso di suzione che caratterizza, in particolare, la conoscenza orale di questo primo mese di vita; poi sviluppa i meccanismi di ripetizione degli schemi che si focalizzano sul corpo: il bambino sperimenta la percezione intermodale combinando vari schemi percettivi tra loro (sente un suono e volta la testa in direzione della fonte sonora); quindi comincia ad acquisire una prima intenzionalità nelle azioni, in cui l’oggetto comincia ad avere una sua identità (conservazione dell’oggetto) legata all’azione. Se l’oggetto scompare, il bambino non si porrà il problema di cercarlo poiché non ne suppone l’esistenza; solo in un secondo momento, si consoliderà anche la permanenza dell’oggetto, la cognizione che l’oggetto esiste anche se non è visibile; ancora, il bambino comincerà a sperimentare per prove ed errori, osservando gli effetti sugli oggetti dopo alcune ripetizioni.
È dai 18 ai 24 mesi d’età che Piaget fa risalire la nascita della capacità rappresentativa che consente al bambino di immaginare dove si trovi l’oggetto nascosto, grazie all’immaginazione delle possibili relazioni che ci possono essere state tra il tempo, lo spazio e l’oggetto. Anche nel linguaggio il bambino si esprimerà, oltre che per indicare e comunicare un bisogno, soprattutto per descrivere un evento o un oggetto.
Con il compimento del secondo anno d’età, il bambino è giunto a sviluppare un’intelligenza di tipo senso-motoria, con cui è riuscito a sperimentare nuove abilità mediante combinazioni mentali sempre più sofisticate.
Tra i 2 e i 6 anni, il bambino giungerà a perfezionare l’intelligenza rappresentativa preoperatoria, quindi l’intelligenza pratica, concreta (6-11 anni), per approdare all’intelligenza rappresentativa simbolica, formale, con cui il ragazzo comincia a rappresentarsi mentalmente non solo gli oggetti, ma anche le situazioni astratte.
Mentre il pensiero concreto è la rappresentazione di un’azione possibile, il pensiero formale è la rappresentazione di una rappresentazione di azioni possibili: le operazioni formali sono la trasposizione astratta delle rappresentazioni concrete.
La capacità di rappresentare gli oggetti pensati attraverso simboli permette al bambino piccolo di produrre e capire che una cosa (un oggetto o una parola) sta a rappresentarne simbolicamente un’altra. Permette, inoltre, di differenziare mentalmente il simbolo e il suo referente, cioè la cosa che il simbolo rappresenta, anche se questo è completamente diverso dall’oggetto referente.
Tale capacità prende il nome di rappresentazione simbolica, o semeiotica.
Mediante tale capacità, mentre il bambino concreto raggiungeva i suoi obiettivi comportamentali attraverso una sperimentazione per prove ed errori, il bambino simbolico interiorizza, mentalizza, immagina modi alternativi per raggiungere tali obiettivi.

GIOCO O REALTA’?
Un modo rappresentativo che illustra la capacità simbolica del bambino è dato dal gioco di finzione.
Se osserviamo dei bambini giocare, sentiremo spesso dire « facciamo finta che tu sei la mamma e io la figlia e andiamo al mercato?...», o altre circostanze, che prevedono la sovrapposizione intenzionale di una situazione ipotetica su una effettiva, nella quale il bambino è portato a trattare gli oggetti del mondo fittizio come se fossero i loro referenti reali, pur sapendo che non lo sono realmente.
L’importanza del gioco di finzione sta nel fatto che richiama qualcosa di simile al linguaggio metaforico; la trasformazione mentale degli oggetti o delle situazioni richiama alla mente l’utilizzo dell’immaginazione e del pensiero creativo (il cosiddetto pensiero produttivo e l’insight) e a queste stesse abilità cognitive evolute tende.
L’utilizzo del computer, prima, e di internet poi, ha in parte amplificato e in parte sostituito lo sviluppo di questi processi cognitivi.
Se si pensa che di fronte all’apparecchio televisivo domestico il bambino sviluppa una specificità rappresentativa, sviluppando la sola percezione a scapito degli altri sensi, la conoscenza del mondo esterno verrà canalizzata soltanto dal dato visivo.
E siccome anche i tempi di programmazione sono diventati, a tutt’oggi, molto più rapidi, il bambino è portato a captare una serie di messaggi prefabbricati, dove l'apporto dello spettatore è minimo, dove non c’è la possibilità di inserirsi mentalmente nel filmato e anticipare il finale della storia, perché tutto è meccanicamente preconfezionato, da consumare preferibilmente subito, a volte banale nel contenuto e che non prevede la partecipazione attiva dello spettatore.
Nello sviluppo delle strutture cognitive del bambino è importante che ci siano altre fonti di conoscenza, come per esempio la lettura, in cui il testo scritto permette al lettore di stabilire i tempi di immagazzinamento del contenuto, di ripercorrere passi precedenti, di padroneggiare la conoscenza a favore dello sviluppo della fantasia. L’immagine, infatti, per quanto affascinante condensa, senza sviscerarlo, tutto il messaggio che si vuole trasmettere.
Ogni famiglia possiede almeno un computer in casa e a usufruirne non sono solo gli adulti ma anche i bambini. Anzi diremmo soprattutto i bambini.
Nell’era della tecnologia, sono proprio i più piccoli a sapersi muovere tra fili e connessioni, a interpretare il libretto d’istruzione dell’ultimo videoregistratore dvd o a installare l’ultimo programma nel computer. Il computer ha favorito l’entrata sempre maggiore di informazioni e di input conoscitivi nella mente del bambino: oggi per fare una ricerca per la scuola basta connettersi al pc e, immettendo una parola chiave, racimolare quanto più materiale ci serve; una volta, per fare una ricerca bisognava consultare una montagna di libri, di volumi d’enciclopedia e a volte farsi raccontare qualcosa da chi era più esperto in quell’argomento. Con la Rete, la curiosità di sapere da più fonti è stata sostituita dalla curiosità di avere tutto e subito, in un modo sicuramente dannoso non solo dal punto di vista emotivo ma anche da quello cognitivo.
Che cosa spinge il bambino a entrare in Rete?
Sicuramente il mondo fantastico delle immagini. Il cyberspazio è di per sè una grande immagine, le cui molecole attirano i sensi trasformandoli in risposte emotive piacevoli e gratificanti.
« Uno spazio, dunque, dove regna la fantasia, la trasgressione, dove tutto è tollerato, o quasi. Vite che diventano mondi, che si distaccano dalla madre terra, che diventano pianeti in un gioco di equilibri gravitazionali che si modificano ogni giorno ed ogni notte, in luoghi dove il tempo si espande con regole proprie, come accade nella memoria dove tutto può risuccedere nello stesso istante. L'estensione finale dell'isolamento dalla vita quotidiana in un "non-spazio" della mente, che non è semplicemente una metafora letteraria ma una nuova frontiera, aperta all'esplorazione e persino agli insediamenti, che comincia a generare un forte impatto emotivo negli anni Ottanta, con il tramonto dell'era delle esplorazioni dello spazio, fino ad allora considerato l'ultima meta da conquistare[1]».
Il mondo virtuale affascina, dunque, perché permette di abbandonarsi a un oggetto che, in qualche modo, decide la modalità del nostro piacere, della nostra conoscenza; permette di sperimentare nuove dimensioni psicologiche, cognitive e mentali in genere, ma impedisce quindi al soggetto una indipendenza e un’attività propri della conoscenza nel mondo.
Il virtuale facilita ma, nello stesso tempo, ostacola il naturale percorso di apprendimento della realtà esterna così come di quella interna; impedisce al soggetto di mentalizzare uno stimolo, di rappresentarselo prima concretamente e poi simbolicamente, così come vuole la tradizione evolutiva dell’intelligenza del bambino. La Rete è come un gioco di parti che s’avvicendano l’una con l’altra alla ricerca di qualcosa di cui non si conosce l’esistenza, qualcosa di virtuale, qualcosa di apparentemente possibile ma concretamente irrealizzabile, qualcosa che esiste solo nelle potenzialità, nei nostri desideri e che, se anche fosse possibile vedere, non si potrebbe in realtà ottenere. Il virtuale, infatti, dà l’idea che qualcosa « potrebbe essere ma che non dà prova tangibile della sua presenza[2]». Il reale, invece, riporta allo stato concreto delle cose, alla tangibilità delle nostre debolezze, alla crudezza delle nostre effettive difficoltà di essere.
Entrare in Rete vuol dire affrontare un mondo pieno di stimoli che a volte, un po’ come sirene, annebbiano la nostra capacità di discernere tra ciò che è utile da ciò che può risultare dannoso.
Per i bambini, il rischio è ancora più alto in quanto soggetti in evoluzione psicofisica: inconsapevolmente, la Rete si sostituisce alla loro capacità di rappresentare mentalmente l’evento che si anima sul monitor; la vivacità dell’immagine, l’accesa colorazione e sonorità, trasformano questa finestra sul mondo in qualcosa che può recare solo conseguenze dannose.

CONCLUSIONI
I bambini del 2000 sono sicuramente bambini più svegli di quelli del millennio precedente, sono bambini che imparano presto a tradurre uno stimolo analogico in uno digitale e viceversa, ma sono anche bambini che affrontano in maniera difficoltosa tutte le situazioni per le quali non è previsto l’utilizzo di un computer.
Internet dà sicurezza perché permette di fare tutto e subito, di conoscere gli amici e, a volte, anche gli amori; dà il potere di raggiungere spazi mentali che difficilmente si troverebbero nella realtà delle cose concrete; dà la possibilità di creare e di essere creati, di conoscere e di essere conosciuti, in un certo modo, di essere e di fare.
Ma Internet non è un gioco e il mal utilizzo comporta, specie nei più piccoli, una sorta di dipendenza cognitiva (oltre che psicologica, nei casi più gravi), che schiavizza il bambino a vivere una dimensione non facilmente gestibile, sempre più a misura d’uomo e che, con la mente del bambino, non ha proprio niente a che vedere.


Prof. Cantelmi Tonino
Psichiatra,
Direttore della Scuola di Specializzazione In Psicoterapia, ARPCI – Roma

Dott.ssa Francesca Orlando
Psicologa


BIBLIOGRAFIA:
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Cantelmi T., Disturbi di dipendenza da Internet, Relazione, Convegno Nazionale “180  buone ragioni per la salute mentale”, Aula Magna, Università del Molise, Isernia 14-19 Dicembre 1998
Cantelmi T., D’Andrea A., Internet dipendenza, in AAVV (a cura di Jader Jacobelli), “La realtà virtuale”, Laterza, Saggi Tascabili, 1998
Cantelmi T., Talli M., Internet Addiction Disorders, Psicologia Contemporanea, Nov. - Dic. 1998, n.150, 4-11
Cantelmi T. – Talli M., Usi e abusi della “rete delle reti”, in Psicologia Contemporanea n°150, 1998
Cantelmi T., Talli M., D’Andrea A., Gasbarri A., Psicopatologia connessa ad Internet: recenti acquisizioni, Giornale di Medicina Militare, 149, 1-2, 49-54, 1999
Cantelmi T., Internet. Fenomeni di dipendenza, Relazione, IV Congresso Annuale SINAPSI, Roma, 25 Aprile 1999
Cantelmi T., Internet Related Psychopathology, Relazione, “La psichiatria e i suoi mondi relazionali”, IX Giornate di Psichiatria in Lampedusa, Società Italiana di Psichiatria, Lampedusa 3-6 Giugno 1999
Cantelmi T., Cyber Worlds, forme di comunicazione e psicopatologia, Relazione, Conference, Università Cattolica, Roma, 7 Ottobre 1999
Cantelmi T., La mente in Internet: le psicopatologie delle nuove esperienze on line, Cultura e Libri, 125, 5-8, 1999
Cantelmi T., Cyberspazio e rischi psicopatologici: osservazioni cliniche in Italia, Gruppi, Franco Angeli ed., vol II, n.1, 121-134, Gen- Giu. 2000
Cantelmi T., Internet Related Psychopatology: prima ricerca sperimentale italiana, Relazione, Convegno Nazionale, Cattedra di Psichiatria, Università di Palermo, 15 Aprile 2000
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Cantelmi T., Psicologia del Trading on line, Borsa e Finanza, n. 137 del 15/07/2000; n. 147 del 29/07/2000; n. 152 del 05/08/2000
Cantelmi T., “Internet e nuove tecnologie in psichiatria”, XLII Congresso Nazionale della Società Italiana di Psichiatria, Torino, 19 Ottobre 2000
Cantelmi T., “Tecno uomo ed emozioni dal silicio”, Convegno “Religione e Psichiatria”, ASL Alessandria, Teatro Comunale, Alessandria, 16 Dicembre 2000
Cantelmi T., Nella “Rete” della società dell’informazione, 55° Convegno Giovani della Cittadella di Assisi, 27-31 Dicembre 2000
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Cantelmi T., “Emozioni dal silicio: il tecno – uomo”, Relazione, Simposio Scientifico AIPPC-SITPA-IPP, Pontificia Università Gregoriana,
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Cantelmi T., D’Andrea A., Talli M., IRP: una nuova categoria diagnostica? Studio on line e sperimentale sui fenomeni di dipendenza da Internet, X Congresso Nazionale AIAMC – Psicoterapia comportamentale e cognitiva, 26-28 novembre 1999, Abstract pag 96
Cantelmi T., De Marco M., Sarto A., Sfide alla morte: i sensation seekers, Psicologia Contemporanea, 161, 28-34, 2000
Cantelmi T., De Marco M., Talli M., Del Miglio C., Internet Related Psychopathology: aspetti clinici e recenti acquisizioni, Attualità in Psicologia, vol. 15, 2, 186-195, 2000
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Psychopathology: primi dati sperimentali, aspetti clinici e note critiche, Giornale Italiano di Psicopatologia, 6 (1): 40 – 51, 2000
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Cantelmi T., Lambiase E., L’irresistibile fascino della Rete, in “L’intimità svenduta”, Famiglia Oggi, ed. S. Paolo, XXIV, 1, 38-43, Gennaio 2000
Cantelmi T., Talli M., Emozioni dal silicio, Psicologia Contemporanea, n. 157, Gen. – Feb. 2000
Cantelmi T., Talli M., D’Andrea A., Del Miglio C., La mente in Internet, Piccin, 2000
Cantelmi T., Talli M., Putti S., Le nuove frontiere della psicoterapia: il paziente on line, Psicologia Contemporanea, 160, 58-64, 2000
Cantelmi T., Orlando F., Psicologia del trading on line, Centro Scientifico Editore, Torino, 2002
Cantelmi T., Grifo Giardina L., La mente virtuale, San Paolo, Milano, 2003
Cantlemi T., Orlando F., Narciso siamo noi, San Paolo, Milano 2005
Cantelmi T., Carpino V., Tradimento on line, Franco Angeli, Milano, 2005





[1] Cantelmi T., Orlando F., Psicologia del trading on line, pag. 6
[2] Op cit. pag. 33

Interviste in TV

Dalla trasmissione "Cominciamo bene", Rai Tre del 21/04/2005

      LA BELLEZZA AIUTA NELLA VITA ?

1)    Dr.ssa Orlando, la nostra società rincorre la bellezza, vive di immagine...quali   sono le conseguenze più pericolose di questa tendenza?

Una delle conseguenze più deleterie è quella di tralasciare i veri valori della vita per inseguire un mondo illusorio, quasi da favola, dove tutto è facilmente raggiungibile.
Altrettanto negativo è considerare la bellezza come l’unico lasciapassare per realizzarsi, ricorrendo ad ogni mezzo (più o meno invasivo, chirurgia plastica...che comporta anche dolore fisico...quindi, in un modo quasi masochistico...) per raggiungere la perfezione del proprio corpo.

2) I modelli imposti quotidianamente dai media come influiscono sui nostri
     comportamenti?

Condizionandoli o cmq suggestionandoli. Ciò si verifica principalmente nei confronti di quelle personalità meno strutturate e più deboli, come gli adolescenti ma non solo, che, per le problematiche legate all’età, sono alla ricerca di se stessi e spesso in conflitto con il proprio corpo, che cercano di plasmare secondo i canoni di bellezza imposti dai media, per sentirsi accettati nella società.

3) Quando l’attenzione al proprio aspetto, la ricerca della perfezione estetica  
        diventa pericolosa?

Quando assume valori così sproporzionati da diventare uno dei principali scopi della propria vita: in questo caso si parla di vera e propria patologia, cioè di un disturbo narcisistico che ha bisogno di un’adeguata terapia psicologica.


4) Lei ha scritto a 4 mani con lo psichiatra Tonino Cantelmi, il libro "Narciso siamo noi", il narcisismo è una patologia dei nostri tempi?

Direi proprio di sì perché, anche se il N è sempre esistito, mai come ora è divenuto un fenomeno sociale. Infatti in questa epoca di consumismo e di ricerca  dell’approvazione di sè, in vari aspetti della vita, si vengono a rafforzare questi meccanismi narcisistici per cui la persona non vive e matura le proprie emozioni relazionandosi con gli altri, ma tende a chiudersi in un proprio mondo dove le pulsioni affettive vengono rivolte esclusivamente verso se stesso. È per questo che si parla di Narcisismo che trae origine dal mito greco del giovane cacciatore, così innamorato della propria immagine riflessa nell’acqua da cadere e morire annegato.


5) Quali caratteristiche ha la persona narcisistica?

Il Narcisista si presenta arrogante, presuntuoso in quanto ha un alto concetto di sè che lo porta a sopravvalutare le proprie qualità fisiche e psichiche; crede di essere speciale e unico, frequenta solo persone da cui sa di poter ricevere ammirazione e comprensione. Questi atteggiamenti in realtà mascherano una profonda crisi caratterizzata da una scarsa autostima e da una profonda insicurezza.

6) Narcisi si nasce o si diventa?

Secondo alcuni autori, un sano narcisismo è insito in ognuno di noi e rappresenta una tappa fondamentale per l’accrescimento della nostra autostima. Diventa patologico quando l’amore di  se è così grande da escludere qualsiasi relazione con gli altri.
Secondo diversi autori, tale disturbo è l’effetto di una cattiva rispondenza affettiva materna durante le primissime fasi del rapporto con il bambino.


7) In quale ambiente è diffusa la presenza dei narcisisti?

Sicuramente in modo prevalente nel mondo dello spettacolo in generale: TV, moda, pubblicità, cinema , carta stampata laddove l’immagine vale di più di mille parole.
Ciò che conta è l’apparire, la forma, e non  il contenuto, la sostanza.

 8) Che pericoli corrono le persone che vivono la bellezza in modo del tutto
     autoreferenziale?

Isolamento affettivo per l’incapacità di creare rapporti di amicizia, di amore con l’altro inteso come persona a sè, e non come strumento per il raggiungimento del suo benessere egoistico e individuale.
Vivere quindi in un mondo distaccato dalla realtà esterna.


9) I cosiddetti belli sono inevitabilmente un pò narcisi?

Non necessariamente in senso patologico, perché tutto dipende dal valore che la persona dà alla propria bellezza, che è un elemento in più, che gratifica, certamente, ma che deve essere supportato da altre qualità quali l’intelligenza, la simpatia ecc.


10) Per molti l’esigenza di un aspetto fisico piacevole nasconde un bisogno di essere accettati... Perché  la bellezza resta il valore più riconoscibile?

Perché la bellezza è una qualità che colpisce al primo impatto. Inoltre è opinione comune, peraltro supportata da studi psicosociali,  che la bellezza equivalga a bontà e competenza. Pertanto sentirsi bello o diventarlo permette di acquisire una buona dose di autostima e quindi un più facile approccio nei rapporti interpersonali.

Intervista sul libro “Psicologia del Trading on line”, Rai Utile, 23.06.05

Intervista sul libro “Narciso siamo noi”, Sky Tg 24, 07.12.05

 

Dicono di me: Narciso siamo noi


Articolo tratto dalla Rivista "Mondosalute", 2005

Recensione del libro in "Polizia penitenziaria - SGS", num.120, luglio/agosto 2005

SUPPLEMENTO SALUTE

Dal sito http://www.larepubblica.it/
24/03/2005
pag. 45 Scaffale

La società d'oggi ci farà tutti Narcisi
TEMA da molti specialisti studiato e che ci riguarda tutti da vicino è quello del narcisismo. Parola che trova la sua origine nella mitologia Greca e in particolare nel mito di Narciso che così bello, s'innamora della sua immagine riflessa in uno specchio d'acqua e se ne compiace a tal punto da cadere e affogare. Il narcisismo nella nostra società è un fenomeno assai diffuso ed è di esso che si occupano gli autori, visto alla luce delle dinamiche sociali e dei situazione relazionali d'oggi. Il fenomeno dunque che va crescendo, andrà considerato "non più solo come problematica psicologica,ma come patologia sociale,politica e religiosa". (caterina viola)
Narciso siamo noi
Tonino Cantelmi, Francesca Orlando
pagg. 156 - 9 E - Ed. San Paolo


Dal sito http://www.supereva.it/


Dal sito di Rai Utile

Schiavi della tecnologia



23 giugno 2005







Chi pensa che la dipendenza possa essere solo legata agli stupefacenti, all’alcol, al fumo o al cibo
sbaglia. Sempre piu’diffusa e’anche la dipendenza da internet. Un esercito di drogati senza droga. Almeno due italiani su cento sono ossessionati dalla rete e dalla posta elettronica. Una categoria a rischio sono gli adolescenti e gli studenti universitari che per gioco, per piacere o studio passano molte ore davanti al computer. Il 53% dei bambini naviga fuori dalla supervisione dei genitori e il 52% frequenta regolarmente le chatline. Per i minori, ma non solo, i mezzi di comunicazione presentano evidenti vantaggi e potenziali pericoli. Anche il cellulare ha introdotto nuovi comportamenti nella vita quotidiana e nuove modalita’di comunicazione nei rapporti umani. Gli sms, soprattutto tra i giovani, sono diventati una pratica dotata di un’attrazione irresistibile, una nuova forma di piacere che si e’ ben presto trasformata in una nuova forma di dipendenza: quella da telefonino. Durante la puntata parleremo quindi di cellulare mania, internet addiction e dipendenza da videogame con relative ripercussioni sui famiglie e in particolare sui bambini. Gli ospiti presenti in studio affronteranno l’argomento proponendo soluzioni e consigli per i nostri telespettatori. Moreno Marcucci, professore di psicologia dell’Universita’di Urbino, Federico D’Agostino, professore di sociologia della famiglia dell’ Universita’Roma Tre, Federica Cagnoni, psicoterapeuta del Centro di terapia strategica di Arezzo, Francesca Orlando, psicologa, Federico Vigevano, membro LICE (lega italiana contro epilessia) Daniele La Barbera, presidente societa’italiana di psicotecnologie e collegamento telefonico con lo psicologo e scrittore Paolo Crepet. Chi pensa che la dipendenza possa essere solo legata agli stupefacenti, all’alcol, al fumo o al cibo sbaglia. Sempre piu’diffusa e’anche la dipendenza da internet. Un esercito di drogati senza droga. Almeno due italiani su cento sono ossessionati dalla rete e dalla posta elettronica. Una categoria a rischio sono gli adolescenti e gli studenti universitari che per gioco, per piacere o studio passano molte ore davanti al computer. Il 53% dei bambini naviga fuori dalla supervisione dei genitori e il 52% frequenta regolarmente le chatline. Per i minori, ma non solo, i mezzi di comunicazione presentano evidenti vantaggi e potenziali pericoli. Anche il cellulare ha introdotto nuovi comportamenti nella vita quotidiana e nuove modalita’di comunicazione nei rapporti umani. Gli sms, soprattutto tra i giovani, sono diventati una pratica dotata di un’attrazione irresistibile, una nuova forma di piacere che si e’ ben presto trasformata in una nuova forma di dipendenza: quella da telefonino. Durante la puntata parleremo quindi di cellulare mania, internet addiction e dipendenza da videogame con relative ripercussioni sui famiglie e in particolare sui bambini. Gli ospiti presenti in studio affronteranno l’argomento proponendo soluzioni e consigli per i nostri telespettatori. Moreno Marcucci, professore di psicologia dell’Universita’di Urbino, Federico D’Agostino, professore di sociologia della famiglia dell’ Universita’Roma Tre, Federica Cagnoni, psicoterapeuta del Centro di terapia strategica di Arezzo, Francesca Orlando, psicologa, Federico Vigevano, membro LICE (lega italiana contro epilessia) Daniele La Barbera, presidente societa’italiana di psicotecnologie e collegamento telefonico con lo psicologo e scrittore Paolo Crepet.

Narciso siamo noi
Fa parte della Collana
pratico e applicativo, o di ricerca sulla psiche e sul
comportamento umano, il saggio "illuminante" di
Tonino Cantelmi e Francesca Orlando che descrive
una delle patologie più diffuse nell'uomo
contemporaneo
I prismi, opere a carattere
Narciso siamo noi
San Paolo, 160 pagine, 9,00 euro) si presenta come un approfondito
esame di quel complesso fenomeno - conflitto interiore, conflitto
sociale o relazionale - che prende il nome di "narcisismo".
Nella prima parte,
excursus in cui si precisano i determinanti storico-sociali del
narcisismo, elementi mitologici, filosofici, letterari e, naturalmente, di
psichiatria e di psicologia, concorrono a delineare le caratteristiche
dell'individuo che soffre di questo vero e proprio disturbo della
personalità.
La seconda parte,
della relazione fra il narcisismo e la società odierna: l'importanza delle
immagini e della propria immagine, il voler e il dover apparire a tutti i
costi, la tendenza ad affermarsi in politica e in posizioni di potere nel
lavoro quanto nelle relazioni più personali o di coppia, sono solo alcuni
dei temi trattati con competenza e chiarezza.
Fra i capitoli più interessanti, vanno sottolineati quelli dedicati alla
Rete - il narciso che si specchia nella Rete e che ne è preda -, alle
persone di spettacolo, con un'interessante intervista al regista Pupi
Avati, ed alla vita consacrata, dove, fra l'altro vengono menzionate
sette sataniche e New Age come nuove forme di narcisismo spirituale.
Emerge, dalla lettura di questo saggio, un'immagine davvero
desolante dell'uomo moderno: il narcisismo non è più solo una
problematica psicologica, ma diventa una patologia sociale, politica e
religiosa che ci affligge in modo generalizzato.
E come Narciso ritrova nell'acqua la sua immagine custodita e riflessa,
ciascuno di noi, nelle parole di questo saggio può ritrovare, in misura
diversa, un po' di se stesso e di chi gli sta intorno.
Quale sia, se esiste, una via d'uscita da questa condizione, non viene
precisato in modo esplicito, ma il primo passo verso una nuova
consapevolezza, e dunque un cambiamento, potrebbe essere una
presa di coscienza forte e decisa delle dinamiche che caratterizzano i
rapporti del narcicista.
In questo senso anche e soprattutto la lettura di un libro - questo -
sarà senza dubbio "illuminante".

UFFICIO STAMPA RAI
Recensione programma trasmesso su Rai Tre, ore 12.55, il 21/04/2005
COMINCIAMO BENE

La bellezza aiuta nella vita? Questo giovedì 21 aprile il tema di “Cominciamo Bene”, alle ore 10.10 su Raitre. Tra gli ospiti di Corrado Tedeschi ed Elsa Di Gati la psicologa Francesca Orlando, il cantante Franco Califano, la scrittrice Alessandra Appiano, la truccatrice Jole Anna Panzera e la modella Pamela Camassa. In studio anche Dino Petri e Loriano Ricci, ironici membri di un curioso “Club dei Brutti”.
A “Prima” (9.05) Pino Strabioli incontrerà l’attrice Agnese Nano. Ad “Animali e Animali” (ore 9.55) Licia Colò farà scoprire uno dei luoghi naturali italiani più suggestivi: il Parco del Delta del Po. Un viaggio attraverso i mille canali che lo compongono per ammirare la fauna, la particolare flora acquatica e le tante curiosità nascoste.
Il Santo Graal è infine il titolo della puntata de “Le Storie” (ore 12.45) di Corrado Augias. In studio lo scrittore Valerio Massimo Manfredi parlerà di questo famoso calice, su cui storici ed esoterici hanno costruito nel tempo miti e leggende.

Dicono di me: Psicologia del Trading on Line